Per via delle concomitanti esequie del più geniale doroteo di scuola Sedatiana, mi sarà impossibile seguire la brillante provocazione culturale dello scrittore larinese Antonio Pastorini sul tema: “What’s Molise? La Regione che non c’è”.
Le argomentazioni trattate di stretta attualità aiuteranno il nostro territorio a promuovere un approfondito confronto di merito sui risultati raggiunti con il riconoscimento dell’autonomia regionale nei 50 anni che ci separano dalla legge costituzionale istitutiva del 1963 senza arroccamenti preconcetti né in un senso, né nell’altro.
Considerare inutili le conquiste sociali, istituzionali, amministrative ed economiche degli ultimi decenni è un errore grossolano che non tiene conto della marginalità del Molise nel periodo antecedente l’autonomia della Regione in cui si era costretti a vagabondare da Napoli a Roma, o da Foggia all’Aquila, fino a Pescara o Bari per raggiungere una sede territoriale dello Stato competente per il Molise.
Contestualmente, ipotizzare l’intangibilità della Regione alla stregua di un totem è un errore opposto e contrario che non agevola una riflessione politica innovativa calata in un’Unione Europea con 28 Stati e in un’Italia diversa da quella del 1963.
Le classi dirigenti locali non possono trincerarsi in posizioni di mera conservazione di una burocrazia e di sovrastrutture istituzionali che mal si conciliano con le nuove articolazioni di funzioni e di poteri tra Unione Europea e Stati Nazionali.
Il Molise per vincere la sfida del futuro deve aprirsi al confronto sull’evoluzione amministrativa e sui mutamenti costituzionali, respingendo goffi tentativi denigratori, ma approfondendo le proposte di riforme senza alibi o reticenze culturali.
Oggi, il Molise è una periferia di un Mezzogiorno in caduta libera e derubricato da un ventennio di dibattito nazionale in cui la “Questione Nord” ha soppiantato la “Questione Meridionale” fino al punto di veder passare il Presidente della Provincia di Isernia nelle liste della Lega Nord.
Ma come l’Italia intende recuperare le aree marginali del Sud e ricollocarle in una prospettiva strategica di riscatto sociale e crescita economica non è una questione limitata solo al confronto culturale della classe dirigente molisana.
Campobasso, 27 agosto 2014
Michele Petraroia