XVI LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell’Assemblea
Seduta n. 681 di giovedì 6 settembre 2012
Iniziative volte a far luce sull’assassinio di padre Giuseppe Tedeschi avvenuto il 2 febbraio 1976 in Argentina – n. 2-01641)
PRESIDENTE. L’onorevole Narducci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-01641, concernente iniziative volte a far luce sull’assassinio di padre Giuseppe Tedeschi avvenuto il 2 febbraio 1976 in Argentina (Vedi l’allegato A – Interpellanze urgenti).
FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, di fronte a questo ennesimo caso di desaparecido di origine italiana il nostro gruppo, con in testa chi sta parlando, ha deciso di presentare un’interpellanza al Governo italiano, in particolare al Ministro per gli affari esteri, per capire quali azioni il Governo intenda adottare per verificare la possibilità, come è avvenuto ampiamente in altri casi, che i responsabili di questo efferato delitto siano giudicati a Roma per questo veramente truce e barbaro assassinio.
Il 2 febbraio 1976 un sacerdote salesiano molisano di 42 anni, padre Giuseppe Tedeschi, emigrato da Jelsi, un comune della provincia di Campobasso, insieme alla sua famiglia, quando aveva 16 anni – l’anno dell’emigrazione risale al 1950 – venne sequestrato, torturato e massacrato a Quilmes, nelle vicinanze de La Plata, dove viveva nel barrio di Villa Itati, in cui operava con un suo centro sociale, che aveva messo su dopo aver avuto prima un’esperienza sacerdotale in una parrocchia dove questi fenomeni non si riscontravano, ma, una volta assegnato a questo barrio, dove le condizioni di vita, l’emarginazione e la delinquenza, evidentemente, erano pesantissime, si diede da fare ed assisteva 50 mila poveri.
Sull’assassinio all’epoca intervennero Amnesty International e le organizzazioni umanitarie. Vi fu una generale riprovazione, ma in breve tempo tutto svanì, tutto finì sotto le macerie di altri 30 mila desaparecidos, fatti sparire dalla dittatura militare in quegli anni bui, come spesso ci ha ricordato la signora Estela Carlotto, la «madre», ora «nonna», di Plaza de Majo, in alcune audizioni che ha avuto qui a Roma presso la Commissione affari esteri della Camera dei deputati.
Per alcuni sociologi gli argentini sono degli italiani che parlano spagnolo – a dire la verità, questa frase era di Borges – e a maggior ragione siamo vicini a questo popolo – queste sono parole che sto citando – che oggi festeggia il 202o anniversario della propria indipendenza, unendoci alle migliaia di oriundi molisani che arricchiscono quella nazione con il loro Pag. 45lavoro, le attività professionali, il talento, le imprese, la dedizione al dovere e la loro cultura sobria e solidale.
Queste parole furono pronunciate dal consiglio regionale del Molise in occasione dei 202 anni dell’indipendenza dell’Argentina, chiedendo, però, che, dopo 36 anni, si facesse luce, si aprisse un’indagine, quella che non era stata mai aperta, si avviasse un’inchiesta sull’assassinio del sacerdote missionario molisano Tedeschi, che era stato ucciso il 2 febbraio del 1976.
Noi chiediamo veramente ora al Governo se può dare un segnale confortante in questa direzione, come è avvenuto in questi casi, in altri casi di desaparecidos, qui a Roma, tenendo conto che è stata fondata anche un’associazione sociale e culturale, la Giuseppe Tedeschi Onlus, e che è stato girato sui luoghi, a Quilmes, un cortometraggio che ha suscitato veramente moltissime emozioni.
Tutto ciò inquadrato in quella che è la cultura del nostro Paese, quella della difesa dei diritti civili e la cultura del diritto, per affermare la giustizia quando siamo messi di fronte a fatti tragici e violenti che colpiscono e offendono pesantemente la dignità umana. In ogni situazione, il nostro Paese ha utilizzato e ha avuto questa costante caratterizzante della politica della Repubblica italiana. Signor Presidente, questo è il contesto nel quale si cala la nostra interpellanza.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Marta Dassù, ha facoltà di rispondere.
MARTA DASSÙ, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevole Narducci, questa interpellanza, che riguarda il caso di padre Tedeschi, è, secondo me, molto importante per il caso individuale che lei ricorda, ma anche perché stimola quella riflessione più ampia, a cui lei accennava, sull’accertamento della verità per il rispetto che si deve testimoniare alla memoria storica della tragedia delle vittime della dittatura argentina.
In questo contesto, è in qualche modo importante parlarne oggi, perché il Ministero degli affari esteri, e il Ministro Terzi di Sant’Agata in modo particolare, ha deciso il 13 settembre prossimo di organizzare un grande evento commemorativo delle 30 mila vittime civili, di cui almeno 1.600 cittadini italiani, della tragedia argentina.
Questo evento si terrà alla Farnesina con il titolo «L’altro ieri la dittatura, per non dimenticare». Quindi l’attività del Governo è molto attenta su questo punto, ma, naturalmente, non è limitata a queste iniziative commemorative e basta.
Per ottemperare ai doveri di solidarietà e alla memoria verso i connazionali vittime della dittatura militare, l’azione del Governo si svolge su due livelli: un piano di piena collaborazione con l’attività giurisdizionale e un livello relativamente nuovo, di cui parlerò, di cooperazione intergovernativa con le autorità argentine.
Sul piano giurisdizionale credo sia importante ricordare oggi i processi penali più significativi avviati dalla procura della Repubblica di Roma contro i militari argentini per le atrocità commesse durante il periodo della dittatura a danno di cittadini italiani. Sono noti, ma li ricordo perché mi sembra davvero importante.
Un primo giudizio contro i generali Suarez-Mason, Santiago Omar Riveros e altri, in cui il Governo italiano si è costituito parte civile nel 1998, si è concluso con una storica sentenza della Corte d’assise di Roma nel dicembre 2000 che, tra l’altro, condanna all’ergastolo i due generali. Tale sentenza è poi passata in giudicato confermando tutte le condanne di primo grado.
Un secondo importante processo per crimini commessi presso la famigerata scuola meccanica della marina contro Alfredo Ignacio Astiz, Jorge Eduardo Acosta, Antonio Vañek, Jorge Raul Vildoza e Héctor Antonio Febres si è concluso il 14 marzo 2007 con la condanna all’ergastolo per i cinque imputati. Anche in questo caso il Governo italiano ed altri enti pubblici territoriali si sono costituiti parte civile.
Un altro procedimento penale, in base al quale in data 6 aprile 2009 il GUP Pag. 46presso il tribunale di Roma disponeva il rinvio a giudizio dell’ammiraglio Emilio Eduardo Massera, si è concluso a seguito del decesso di quest’ultimo. La Corte aveva comunque significativamente rilevato in motivazione che l’istruttoria dibattimentale aveva sostanzialmente fatto emergere «molteplici obiettivi e univoci elementi di riscontro dell’ipotesi accusatoria».
Vorrei infine ricordare il procedimento penale che vede come imputati per omicidio volontario, aggravato dall’uso di sevizie e abuso di potere, il dittatore Jorge Videla e altri. Il 19 ottobre 2006 il GIP presso il tribunale di Roma ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 146 cittadini di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay, Perù e Uruguay nei confronti di presunti responsabili legati al famigerato «piano condor».
Questa è l’attività giurisdizionale negli anni più recenti. Nel contesto di questa attività il caso specifico dell’assassinio di Padre Giuseppe Tedeschi è stato tra quelli seguiti dalla nostra ambasciata a Buenos Aires. Rispondendo ad un’istanza del vicepresidente del consiglio regionale del Molise, Michele Petraroia – che lei giustamente citava per il suo attivismo e il suo impegno su questo fronte -, la nostra rappresentanza diplomatica ha rapidamente promosso la raccolta di elementi informativi. Sulla base di tale ricerca si è appreso che in data 7 febbraio 1976 era stato presentato un habeas corpus dal fratello, Renzo Tedeschi, presso il tribunale penale di La Plata. Fu anche avviata un’indagine contro ignoti per omicidio che non dette alcun esito e, pertanto, questa venne archiviata il 6 marzo 1987. L’intero fascicolo relativo al caso fu poi distrutto nel 1993 per una risoluzione della suprema Corte di giustizia della provincia di Buenos Aires.
Per quanto riguarda l’eventuale avvio di un procedimento in Italia – ipotesi che, come Governo italiano, ci auguriamo – il Ministero della giustizia riferisce che non risulta ancora presentata alcuna denuncia relativa alla scomparsa di padre Giuseppe Tedeschi presso la procura della Repubblica di Roma, né risultano iscritte notitiae criminis o avviate indagini sui fatti rappresentati presso la procura di Campobasso. Quindi c’è un tassello che manca, onorevole Narducci.
Tuttavia, l’intenzione del Governo è di continuare in ogni caso a premere per fare luce su questi tragici fatti. In questo senso ci potrà aiutare la rinnovata azione svolta dal Governo sul piano della collaborazione intergovernativa con le autorità argentine. Il 1o giugno 2011 è stata firmata un’intesa che rende possibile la ricognizione e trasmissione alle autorità argentine di copia ufficiale delle documentazioni, agli atti degli archivi diplomatico-consolari italiani in Argentina, relative a cittadini italiani, doppi cittadini o cittadini di origine italiana che finirono vittime del regime militare argentino. Grazie a questa intesa si potranno aprire completamente gli archivi della rete diplomatico-consolare, per contribuire, nell’ambito delle nostre competenze, a fare completamente luce su quegli anni.
In sostanza si è stabilita una comune intesa per favorire la ricerca della verità su tali tragici eventi, senza riserve. La documentazione ottenuta dall’Italia verrà consegnata all’Archivio nazionale della memoria (organismo che dipende dalla Segreteria dei diritti umani del Ministero di giustizia argentino, istituito in data 16 dicembre 2003), che ne diverrà gestore e responsabile. Per facilitare questo processo è stata istituita una commissione tecnica bilaterale, che il 19 settembre 2011 ha stabilito metodi e criteri dell’ostensione della documentazione al Governo argentino.
Tale iniziativa potrà auspicabilmente facilitare la continuazione della ricerca della verità e, soprattutto, contribuire a conservare la memoria su un’immane tragedia, di cui fa parte il caso da lei giustamente richiamato, il caso terribile di padre Tedeschi.
PRESIDENTE. L’onorevole Narducci ha facoltà di replicare.
FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, desidero veramente andare oltre la Pag. 47formula canonica della soddisfazione o non soddisfazione per ringraziare il Governo, in questo caso il sottosegretario Dassù, per quest’ampia relazione, densa di indicazioni molto, molto utili, sia per l’associazione Padre Tedeschi sia per il gruppo di parlamentari che hanno presentato quest’interpellanza urgente. In effetti non mi aspettavo una risposta così esaustiva e ne sono veramente grato al sottosegretario.
Anche in questi giorni, signor Presidente, in alcune piazze dell’Italia, proprio in queste settimane, forse perché siamo ancora in clima estivo, si stanno inaugurando dei monumenti ai desaparecidos di comuni toscani, emiliani, lombardi e siciliani. Si tratta quindi di nostri concittadini periti, caduti per un ideale di libertà, per lottare per la giustizia, per le condizioni di vita, per tanti altri motivi insomma, ma con quella lotta democratica che tanti popoli hanno conosciuto e che, proprio per questo anelito verso la libertà, hanno pagato con la vita.
Credo che questo, che i comuni italiani stanno portando avanti in molte piazze, sia un gesto veramente di grande rilevanza e di grande significato, che testimonia la civiltà del nostro popolo, che forse spesso dimentichiamo, presi come siamo da fatti di altra natura.
Quindi ringrazio il Governo e sicuramente torneremo alla carica con altre iniziative. Vi sarà una conferenza stampa con protagonisti qui alla Camera nelle prossime settimane. Speriamo che con quest’azione congiunta della Camera dei deputati e del Governo si possa aiutare a fare luce sui tanti casi che ancora sono rimasti nell’oscurità.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Narducci. Con l’occasione mi consenta di dire una parola a ricordo di quanto i salesiani italiani hanno fatto per l’Argentina e anche a ricordo di quanto i rappresentanti diplomatici italiani in Argentina in quegli anni hanno fatto, distribuendo visti, sostenendo, aiutando e salvando molte vite umane. Anche a questo tema forse dovremmo una volta dedicare un momento di riflessione e di ricordo.