In un recente fine settimana ho avuto l’opportunità di incontrare Padre Giancarlo per donargli il libro “LUPARE ROSE” di Don Marcello Cozzi, Vice-Presidente Nazionale di LIBERA contro le Mafie, promotore della Fondazione antiusura “Interesse Uomo” e animatore di LIBERA sul territorio lucano. In quella circostanza dopo esserci soffermati sulle pagine tristissime evocate dal libro con storie tragiche di donne di Ndragnheta che hanno fatto riaffiorare alle mente di Padre Giancarlo, volti, lacrime e storie amare, abbiamo avuto l’opportunità di condividere la preoccupazione sulla persistente crisi in cui versa la sanità molisana. Livelli essenziali di assistenza non garantiti da 15 anni, medicina di base allo stremo, sanità territoriale fragilissima e strutture ospedaliere svuotate, smantellate e private di personale, apparecchiature diagnostiche e di interventi di modernizzazione ed efficientamento indispensabili. Oggi, 19 luglio nella ricorrenza del 28° anniversario dell’assassionio di Paolo Borsellino e della sua scorta, raccogliendo il pacato invito del nostro Aricvescovo scrivo di sanità per “INTRAVEDERE” augurando a tutta la Redazione di incrociare le aspettative dei lettori che in Molise soffrono anche per la penuria di giornali e periodici di approfondimento. In queste poche righe che non so quando andranno in stampa parto dalla progressiva privatizzazione del diritto alla tutela della salute introdotta dal Decreto Legislativo n.502/1992 e da una miriade di modifiche successive che hanno indotto vari operatori economici a riorientare i propri investimenti da siderurgia, tessile, meccanica o edilizia al settore sanitario. Un mercato remunerativo ed altamente redditizio a cui non è estranea la criminalità organizzata coi suoi intrecci societari e l’alta disponibilità di liquidità utilizzata per acquisire imprese attraverso prestiti o aumenti di capitale. In questo scontro titanico si inserisce il mutamento dell’art.116 della Costituzione che agli inizi del 2000 trasferì la competenza sulla sanità dallo Stato alle Regioni svuotando di funzioni e competenze il Ministero della Salute. L’esito di un simile stravolgimento ha determinato la strutturazione di 21 sistemi sanitari differenti sul territorio nazionale con livelli di prestazioni e qualità del servizio non paragonabili tra loro. Chiaramente la logica ragionieristica che ha sostituito di fatto l’art.32 della Costituzione ha visto affermarsi un orientamento normativo in cui le aree meno popolate e con i territori orograficamente più complessi sono state penalizzate da criteri di riparto studiati ad arte per indirizzare un maggior flusso di risorse verso le aree più forti e dinamiche del Paese. Il Molise dopo la breve parentesi avviatasi con l’istituzione del servizio sanitario nazionale attraverso la legge n.833 del 1978, si è ritrovato agli inizi del Terzo Millennio con l’onere di pianificare la funzionalità di 6 ospedali pubblici e 5 istituti o cliniche convenzionate, oltre a strutture di riabilitazione, poliambultarori, distretti sanitari e non da ultimo una Facoltà di Medicina e Chirurgia. Con criteri di riparto del Fondo Sanitario Nazionale disegnati su misura per le aree metropolitane densamente popolate, la spinta dei privati, i localismi, i corporativismi e la scelta degli amministratori regionali di non scontentare nessuno, nel volgere di pochi anni il disavanzo superò 500 milioni di euro e solo l’intervento dell’allora Ministro della Sanità, Rosy Bindi consentì il 31 marzo del 2007 di abbattere quel debito con l’obbligo però di accettare un affiancamento ministeriale nel riordino e gestione del sistema. Purtroppo gli errori si perpetuarono ed il 29 luglio del 2009 scattò il Commissariamento Nazionale con l’esautoramento totale di tutti gli Organi istituzionali regionali e comunali da ogni forma di coinvolgimento nella pianificazione della sanità molisana. Da allora sono trascorsi 11 anni, si sono succeduti diversi Commissari ad Acta nominati dallo Stato (Michele Iorio, Filippo Basso, Paolo Di Laura Frattura, Angelo Giustini), la Regione Molise è stata costretta a non occuparsi più di una competenza costituzionale rilevante prevista dall’art.116 ma la questione non si è risolta. Il debito accumulato supera 103 milioni di euro, non c’è più alcun ospedale in Molise di II° livello, il personale andato in pensione non è stato sostituito, da anni non si effettuano investimenti seri sulle apparecchiature diagnostiche e sulle strutture sanitarie, la qualità del servizio è in caduta libera ed è ripresa la mobilità sanitaria verso altre regioni. Lo Stato ha fallito, non è stato in grado di approntare alcun programma credibile in 11 anni e nemmeno al cospetto dell’emergenza COVID ha mostrato attenzione verso i cittadini molisani. Permane un caos voluto con un Commissario ad Acta nominato dallo Stato che agisce ancora sull’ultimo piano operativo sanitario approvato con legge nazionale a giugno del 2017. Nulla si sa del nuovo Piano 2019-2921, poco trapela sui progetti urgenti di contrasto al COVID, e restano irrisolte le principali strozzature del sistema (garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza, sottostima del fabbisogno sanitario regionale, deroga al Decreto Balduzzi per un ospedale di II° livello, aumento della dotazione organica per <medici di base, medicina territoriale, strutture ospedaliere>, invesimenti per l’adeguamento e l’innovazione delle apparecchiature diagnostiche, finanziamento della Facoltà di Medicina, assetto del sistema nel rapporto con il privato convenzionato, diminuzione della mobilità passiva, accordi di confine, fascicolo sanitario elettronico e digitalizzazione delle attività). In pratica dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 24 ottobre 2001 della legge costituzionale n. 3 con cui venne trasferita la competenza in materia sanitaria dallo Stato alle Regioni, per 5 anni la Regione Molise ha gestito in esclusiva le funzioni, dal 2007 al 2009 è stata affiancata dallo Stato e quindi 11 anni di gestione esclusiva dello Stato. Ciò che colpisce, ogni qual volta che dal 29 luglio 2009 ci si confronta sul tema della sanità in Molise, è che gran parte degli interlocutori, operatori e rappresentanze vengono indotti a scontrarsi inutilmente e con violenza inusitata tra loro, come se le competenze fossero ancora in mano alla Regione, nel mentre negli anfratti ministeriali romani, al riparo dalle folle inferocite si persiste ad adottare misure che di fatto, negano ai cittadini molisani il diritto alla tutela della salute. Con l’auspicio che questa stringata sintesi aiuti a ricostruire una conoscenza preliminare essenziale sul riparto dei 115 miliardi annui del Fondo Sanitario Nazionale spettanti al Molise, e sulle norme che disciplinano la materia, ribadisco in conclusione la preoccupazione che una mole così ingente di risorse attrae ogni forma di investitore, ivi compreso coloro che sopratutto al Sud, in giacca e cravatta, si ergono ad antistato nello Stato.
Campobasso, 19 luglio 2020
Michele Petraroia