Il ritardo culturale di chi non sa distinguere l’occupazione dal tasso di occupabilità non deve frenare lo slancio riformista nella gestione delle politiche attive del lavoro a livello regionale. Al contrario, per onestà intellettuale e per correttezza deontologica, bisogna ribadire con forza che il Piano Garanzia Giovani dell’Unione Europea non finanzia nuovi posti di lavoro stabili e sicuri, magari nella pubblica amministrazione sotto casa, ma incentiva i giovani con un’età compresa tra i 15 e i 29 anni a riprendere gli studi scolastici superiori, completare i corsi universitari, partecipare ad un corso di formazione professionale per acquisire una qualifica spendibile sul mercato del lavoro europeo, realizzare un’esperienza di 12 mesi nel Servizio Civile, o un tirocinio di 6 mesi presso un’azienda privata, avviare un’attività imprenditoriale in proprio o creare una cooperativa.
L’obiettivo dell’Unione Europea è scuotere dalla rassegnazione i giovani di quella fascia di età e spronarli a rimettersi in gioco innalzando le proprie competenze professionali e di propri saperi e conoscenze.
Nessuno, a nessun livello, né a Bruxelles e né a Roma, ha mai fatto riferimento al Piano Garanzia Giovani come a uno strumento per diventare dipendente regionale, statale o comunale. Se questa è la filosofia comunitaria della misura, si può affermare che in Molise le azioni attivate hanno superato le più rosee previsioni considerato che, su un totale di 15 mila giovani tra i 15 e i 29 anni, si sono iscritti al Programma poco meno della metà, con una percentuale di profilati e presi in carico dalle Province attraverso i Centri per l’Impiego tra le più alte d’Italia.
Mille giovani stanno già facendo un’esperienza e altri si stanno accingendo a farla, non nella convinzione di trovare una sistemazione nella pubblica amministrazione, ma nella consapevolezza ritrovata di rimettersi in movimento per studiare, qualificarsi e fare esperienze professionali utili. E’ triste assistere alla speculazione di corto respiro di chi avendo la pancia piena fomenta il disagio sociale senza alcun rispetto per le persone e per la loro condizione di bisogno, ma questi rigurgiti reazionari non devono fermare la modernizzazione della nostra regione che deve puntare con fermezza su misure di politica attiva del lavoro come quella che ha consentito con il Decreto di Riconoscimento dell’Area di Crisi Industriale Complessa di prendere in carico n. 1.800 lavoratori in mobilità in deroga con la prospettiva di garantire loro un reinserimento più agevole nel mercato del lavoro futuro. In pochi hanno colto che il risultato forte non è stato quello di aver consentito a 1.800 famiglie di beneficiare di 6 milioni di euro per il 2014 e di una cifra superiore per il 2015, bensì quello di offrire al 2% della forza lavoro regionale di poter essere aiutata a rientrare nel mercato del lavoro con misure di politiche attive contemplate dal JOBS ACT e incentivate dal riconoscimento dell’area di crisi. Questa è la vera scommessa sul futuro, quella della qualità, delle competenze professionali e dell’innalzamento del tasso di occcupabilità sia per i giovani tra i 15 e i 29 anni e sia per i lavoratori percettori di ammortizzatori sociali attraverso lo strumento della presa in carico con ulteriori agevolazioni per il territorio ricompreso nell’area di crisi industriale complessa.
Chi pensa di camminare verso il domani con la testa rivolta al passato è destinato a non fare molta
strada perché il tempo dell’assistenzialismo, dei debiti pubblici e dei profitti privati non può continuare a rappresentare l’unico verbo che si conosce in Molise.
Campobasso, 26 agosto 2015
Pietro Maio