L’ISTAT ha certificato che nell’ultimo triennio la popolazione molisana è calata di 4.276 unità e secondo una proiezione statistica con questo trend tra 50 anni si prevedono 230 mila abitanti con una perdita di 88 mila unità. Nel 2016 sono andati via dal Sud 60 mila persone, in gran parte giovani, per assenza di prospettive ed il Molise è tra le regioni che riesce a trattenere meno giovani sul proprio territorio. Ad eccezione del periodo 1970-1990 in cui il conseguimento dell’Autonomia Regionale determinò una forte crescita di posti di lavoro pubblici riuscendo a frenare l’emigrazione, con la fine della Cassa del Mezzogiorno ed i forti tagli dei trasferimenti statali, il Molise è tornato al suo ruolo storico di territorio da cui scappare. Né la DC e nemmeno il centrodestra che hanno amministrato la regione per 40 anni su 47 direttamente, e negli altri 7 anni, sotto mentite spoglie, sono riusciti a costruire un modello economico capace di produrre ricchezza, competitività e sviluppo. Le rare stagioni del primo centrosinistra 1995-97 che poggiavano sull’accordo coi Popolari di Iorio e Patriciello, del 2000-2001 con Veneziale e Di Stasi, e l’ultima legislatura 2013-2017 in cui la presenza della destra è stata culturalmente e politicamente egemone, non hanno mutato i processi economici e sociali, limitandosi nella migliore delle ipotesi a provvedimenti parziali e non risolutivi. In un simile contesto, con la discussione in Consiglio Regionale della Mozione del Movimento 5 Stelle e della destra ufficiale, è partita la campagna elettorale in vista delle elezioni programmate presumibilmente per il 4 marzo in concomitanza con le politiche. E’ indubbio che un centrodestra unito vincerà agevolmente le elezioni in Molise così come accaduto in Sicilia riproponendo metodi e scelte già sperimentate in passato con risultati pessimi. Nell’eventualità il centrodestra ufficiale si divide in due, il Movimento 5 Stelle è largamente favorito, ma ad oggi non sono state indicate proposte, soluzioni o misure da adottare sulle questioni più impellenti del Molise e non c’è da coltivare soverchie illusioni. L’aggregato tecnocratico-manageriale che sta amministrando non ha tenuto fede al Programma del 2013, ha perso per strada movimenti e partiti, non è stato in grado di fare le riforme, è riuscito a fare peggio della destra ufficiale, su sanità, trasporti, acqua, ambiente e sociale, ed è fortemente inviso per atteggiamenti, assenza di dialogo e incapacità di ascolto. La sinistra come ci insegna la Sicilia, è oggettivamente da ricostruire sia in Italia che in Molise. In questo quadro, il consigliere Vincenzo Niro, intervenendo in Aula ha avanzato il dubbio che l’approvazione della Mozione avrebbe favorito il Presidente della Giunta che sarebbe rimasto in carica, sostanzialmente da solo e senza l’intralcio del Consiglio fino all’insediamento del nuovo Presidente della Regione. Bilancio consuntivo 2016, nuova legge elettorale, bilancio di previsione 2018 e altri atti di competenza del Consiglio non si sarebbero potuti più adottare con danni aggiuntivi per i molisani, slittamenti dei pagamenti e accentuazione delle criticità finanziarie. La data del voto sarà sempre la stessa, le compagini sono quelle descritte più o meno scomposte o alleate tra loro, ciascuno si organizzi per la propria parte e si predisponga a vincere le prossime elezioni, ma chi vuole osteggiare Frattura non persegua disegni-boomerang che rischiano di rafforzarlo, anziché metterlo in difficoltà.
Campobasso, 7 novembre 2017
Michele Petraroia