L’appello per la Pace di Papa Francesco è stato raccolto con coraggio in alcune aree del Medio Oriente, da Mosul in Iark ad Aleppo città martire della Siria, in parti limitate dell’Occidente e negli ambienti più sensibili della Chiesa, e da alcune Associazioni che si battono contro le guerre e per i diritti umani ovunque ci siano conflitti, persecuzioni, oppressioni, epidemie, carestie e vittime innocenti. La verità rimossa ad ogni livello è che il Mondo si è rassegnato alla guerra sia come risoluzione delle controversie interne ai singoli Stati che nella regolazione di rapporti con altri Paesi. Il dittatore della Corea del Nord inscena in modo pittoresco il nuovo ordine globale fondato sul possesso di armi atomiche come strumento di autodeterminazione rispetto alle superpotenze mondiali, ma in realtà l’Iran persegue lo stesso obiettivo nel mentre India, Pakistan e altri Paesi hanno già percorso quella strada con successo. La violenza esercitata per reprimere il dissenso politico interno è il metodo abituale utilizzato nel 90% degli Stati con variabili esecrabili tra torture, arresti ingiusti, negazione della libertà di stampa ed eliminazioni sommarie con varie e deprecabili metodologie degli oppositori e dissidenti. Le Nazioni Unite hanno smarrito il proprio ruolo e non riescono a intervenire con efficacia limitandosi ad adottare risoluzioni blande e tardive, sistematicamente ignorate dai prepotenti che impongono con la forza delle armi le loro condizioni. L’Unione Europea non dispone di un esercito comune, è alle prese con la Brexit e con il fenomeno inarrestabile di milioni di profughi, non è stata in grado né di fermare lo scellerato intervento armato della Francia in Libia né gli accordi sull’importazione di gas dalla Russia fatti dalla Germania nel mentre Putin muoveva i carri armati in Crimea e in Ucraina. Una Commissione Europea che abbai a contro la Grecia e l’Italia per imporre l’austerità sociale ma non è in grado di difendere Cipro che aveva coinvolto l’ENI per sfruttare i propri giacimenti di gas. Erdogan ha mostrato i muscoli inviando le navi da guerra e fatto capire che chi ha le armi comanda, altro che Trattati di pace, Convenzioni internazionali e Sanzioni. D’altronde la stessa Unione Europea gli ha regalato 6 miliardi di euro per fermare il flusso dei profughi nei Balcani senza porsi troppe domande su che fine fanno quei migranti che scappano dalla guerra in Siria, in Irak o in Afghanistan. La real politik impone il silenzio anche al cospetto dei massacri della popolazione curda ad AFRIN o della durissima repressione interna, ma l’interrogativo che bisogna porsi è sul perché la comunità internazionale tolleri sempre più la guerra, senza avvertire alcun pudore, indignazione o repulsione ? Nelle Filippine c’è un dittatore sanguinario così come in Venezuela come sanno quelle popolazioni ma nelle società democratiche la spinta a mobilitarsi in difesa dei diritti negati ad altri popoli si è affievolita a tal punto che sembra scomparsa. Finiti i tempi delle mobilitazioni pacifiste ispirate a Gandhi e Nelson Mandela, i cortei per chiedere la pace in Vietnam o la liberazione dei popoli oppressi dell’Africa o del Sudamerica. Oggi alla Casa Bianca c’è un vecchio oligarca che propone agli insegnanti di armarsi per evitare altri stragi nelle scuole americane e che tra i propri impegni prioritari del primo anno di Presidenza ha messo i viaggi in Arabia Saudita e altri Paesi in cui è andato a concludere affari per l’industria degli armamenti americana per 200 miliardi di dollari. In un simile contesto con le organizzazioni umanitarie, sindacali e non governative internazionali in crisi, l’azione isolata di Papa Francesco impatta su superpotenze che non lo ascoltano, governi democratici che lo riveriscono ma disattendono i suoi appelli, e su società opulente chiuse nel proprio egoismo esasperante che da tempo hanno smesso di lottare per le libertà di popoli oppressi e uomini perseguitati. Una frase sibillina che passa di bocca in bocca nei piccoli paesi del Molise scolpisce nella pietra il segno dei tempi “ Ma che tornano a fare. Qui si sta peggio che in Venezuela “. Non stiamo parlando di africani, asiatici, profughi o migranti, ma dei nostri fratelli, zii, cugini, nipoti o amici stretti, che per sfuggire alla dittatura, alla mancanza di cure e alla crisi, cercano di tornare in Italia. Anziché aprire i cuori, restituirgli le loro case ed i loro terreni, accoglierli, ospitarli ed incoraggiarli, si teme di perdere qualche micro-eredità indivisa o di doversi accollare altre spese. Per fortuna non sempre è così, ma è triste questo mondo rattrappito che considera la Pace un’Utopia !
Campobasso, 24 febbraio 2018
Michele PETRAROIA
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