Barbara grazie per avermi inviato il tuo intervento in Aula su una questione di grande rilevanza per l’evoluzione della nostra democrazia. Mi ritrovo in gran parte del tuo intervento ma non sulla valutazione che dai del Referendum proposto da Matteo Renzi sulla nostra Costituzione che con modalità differenti si muoveva lungo il medesimo sentiero disconoscendo la complessità della macchina istituzionale ed il ruolo dei corpi sociali intermedi. L’ipotesi di concentrare i poteri in poche mani è pericolosissima e meriterebbe una saggia ed oculata rivisitazione culturale. Il numero dei Parlamentari o l’esistenza delle due Camere non è un problema insormontabile come attestano 70 anni di democrazia nel nostro Paese. Se è stato fatto un errore bisogna ricercarlo nei pessimi stravolgimenti della riforma costituzionale del 2001 che determinò il passaggio di alcune competenze alle Regioni con la banale conseguenza che il sistema sanitario nazionale si è balcanizzato in 20 sistemi regionali lontani tra di loro. A che serve ribadire l’unitarietà e l’universalità dell’accesso ai diritti universali di cittadinanza se le Regioni non sono in grado di assicurare la stessa qualità di servizio ? Sulle Province è stato commesso un errore clamoroso perchè si è andati a intaccare le più antiche e strutturate sedi di rappresentanza socracomunale del nostro Paese senza prefigurare un’alternativa in termini di attribuzioni di funzioni e competenze ad altri Organi dello Stato. L’Autonomia Differenziata su cui anche la Regione Emilia-Romagna si è incamminata segna il punto di rottura irreversibile dell’unità nazionale e contribuisce ad accrescere l’egemonia culturale della proposta della LEGA a cui la sinistra si prostrata fin dagli inizi degli anni novanta rilanciando una stravagante Questione Settentrionale in sostituzione dell’irrisolta Questione Meridionale, tant’è vero che negli ultimi 25 anni il divario del PIL, dei servizi, delle infrastrutture, della qualità della vita e di ogni altro indicatore si è accentuato fino ad arrivare ad un rapporto 1 a 2 sul reddito medio pro-capite. Altra cosa è il riassetto delle Regioni su cui si potrebbe avviare un’oculata rivisitazione a partire dal superamento delle 5 Regioni a Statuto Speciale fino ad arrivare al riassetto numerico delle stesse. Nel porgerti un sentito apprezzamento per il tuo impegno rigoroso e costante nello svolgimento della tua attività parlamentare ti saluto cordialmente.
Michele Petraroia
CAMERA DEI DEPUTATI
INTERVENTO DI BARBARA POLLASTRINI SULLA PROPOSTA DI RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI
Lunedì 29 aprile 2019
Grazie Signora Presidente, Signor Ministro,
la relazione di minoranza esposta dall’onorevole Migliore e gli interventi dei colleghi Ceccanti e Ungaro hanno già delineato in modo compiuto il senso delle nostre critiche.
Come loro anch’io sento il dovere di lasciare agli atti di questo dibattito generale un giudizio severo sul merito e il senso della proposta in esame.
A cui aggiungo il grande rammarico per il muro che la maggioranza e il governo hanno eretto, prima al Senato e poi in Commissione, contro ogni possibilità di reale confronto.
Insomma, colleghe e colleghi, parlo di una valutazione d’insieme.
Perché è vero che il disegno di legge in esame si compone di soli 3 articoli e si concentra unicamente sulla riduzione del numero dei parlamentari.
Ma è altrettanto vero che questo testo è parte di un combinato di misure comprensive di un referendum propositivo approvato in prima lettura alla Camera, senza l’accoglimento di garanzie utili all’ equilibrio tra la fonte legislativa primaria, il Parlamento, e il riconoscimento della partecipazione diretta, e della legge elettorale ad hoc che discuteremo tra poco.
In poche parole, voi agite con una volontà che, nella sostanza, privilegia lo svuotamento della democrazia parlamentare e rappresentativa.
Col testo in discussione operate una cesura, un taglio senza cura di motivarne le eventuali ragioni, se non il bisogno di occupare social e talk televisivi con l’argomento di aver “ridotto i costi” e “tagliato le poltrone dei politici”.
Piegate la Costituzione a un’azione di propaganda che incentiva una disistima verso gli eletti nelle istituzioni pensando di raccogliere così una quota di consenso nelle urne.
Costruite uno scambio tanto artificioso quanto sconsiderato tra “i politici” intesi come dannosi e gli istituti posti dalla Costituzione a suggello e garanzia del nostro ordinamento democratico.
Ora, a parte che nello scorrere le cronache di questi mesi e di questi giorni, l’impressione è che i più incollati a cariche, poltrone e potere siate proprio voi.
Il punto è che dietro i numeri – attenzione, non dei politici, ma della composizione del Parlamento – vi sono le funzioni, la rappresentanza dei territori, degli italiani all’estero, le garanzie di una democrazia fondata su un rigoroso equilibrio di poteri. Elemento decisivo, ad esempio, nel processo di elezione del Presidente della Repubblica.
Noi – colleghe e colleghi non siamo – lo sottolineo due volte: Non siamo! Non siamo! – contrari a una riduzione motivata del numero dei parlamentari.
Neppure abbiamo rimosso il risultato severo sul referendum del 4 dicembre del 2016.
Con umiltà ci interroghiamo sui limiti o errori che noi stessi abbiamo potuto compiere nel trattare la materia costituzionale in passato.
Ma non per questo rinunciamo a innovazioni della seconda parte della Carta se lo scopo è rafforzare una democrazia acciaccata, qui e in Europa.
Non siamo insomma abbarbicati all’immobilismo e tantomeno a una rivalsa.
Vi sfidiamo sul terreno precisamente opposto.
E vi addebitiamo non già un eccesso di radicalità.
Bensì un eccesso di furbizia e banalità.
Volete discutere seriamente – governo e maggioranza – della riduzione del numero dei parlamentari?
Siamo pronti a discutere del superamento del Senato.
Il che determinerebbe in sé una riduzione più marcata dei parlamentari.
Ma non con una cesoia che interviene a casaccio.
La nostra proposta vorrebbe dire avere davvero una sola Camera che esprime la fiducia al governo.
Certo con la contestualità di innalzare funzioni e poteri della Conferenza Stato-Regioni-Città.
Magari in un ridisegno delle regioni e superando alcune specialità.
E questo nel rilancio di quell’autonomia regionale che si armonizzi col riconoscimento delle città metropolitane e della funzione dei Comuni.
Un’autonomia e uno spirito federalista che per nessun motivo si traducano, però, nella rottura dei vincoli fondanti l’unità del Paese, mai come oggi diviso.
A partire dall’erogazione di servizi universali – scuola e sanità pubbliche – col traguardo di una qualità eguale dal Trentino alla Sicilia.
Ieri il duello infinito tra i vicepremier – pericoloso per l’Italia, e, mi sia consentito dire, stucchevole – ha avuto come oggetto le province.
Domani chissà? E intanto tutto finisce nel pantano del rinvio.
Rimuovere i problemi non è possibile: un tagliando è utile!
Ma, non va – come vorrebbe la Lega – riportare tutto all’antica maniera come se intanto nulla fosse accaduto.
E anche tutto questo mi riporta a un tema.
Il Ministro Fraccaro a partire dalla sua relazione in Commissione ha sostenuto la scelta di affrontare le riforme per capitoli.
Non abbiamo alzato steccati.
Non avevo una contrarietà a priori.
Chiedevamo però in quale cornice, con quale traguardo d’insieme.
Ma così no.
Perché i tasselli non stanno producendo un mosaico ma un puzzle incoerente, pasticciato.
Vorrei dirlo con altre parole.
Noi non siamo contrari alla potatura degli alberi.
Ma una buona potatura sa scegliere quali rami tagliare.
Se invece la potatura si risolve nell’abbattere il tronco, allora molto banalmente la pianta muore.
Nella stessa logica voi con l’andamento scombinato delle vostre riforme non state potando questo o quel ramo malato.
Voi state segando il tronco della democrazia: il patrimonio più alto che abbiamo ereditato dalle Madri e dai Padri costituenti.
Lo ricordo a tutti noi a pochi giorni da quel 25 aprile che segna la data della Liberazione dalla dittatura fascista e dal Male assoluto del nazismo.
Spiace doverlo dire in quest’Aula carica di una solennità di quella storia, ma siete riusciti a dividervi anche sulla data fondamentale per la vostra stessa libertà di oggi.
La domanda è per quanto tempo pensate ancora di trascinare questa agonia?
Lo dico a voi, colleghe e colleghi dei 5Stelle: per quanto tempo ancora pensate di fare convivere gli appelli doverosi alla memoria e attualità dell’antifascismo con chi quei valori denigra e calpesta?
Davvero credete che il solo richiamo del potere e a un contratto privato basti a giustificare questa ambiguità?
Noi vi chiediamo se almeno sulle istituzioni voi – ora – non sentite il dovere di deporre le armi della propaganda.
Per affrontare con le forze e le culture presenti in questo Parlamento un confronto più rispettoso e sereno.
Già lo anticipavo, purtroppo in Commissione e prima al Senato, avete eretto muri innanzi alle opposizioni.
La nostra e di altri gruppi come Leu, gruppi che non hanno praticato alcun ostruzionismo.
Una cinquantina di emendamenti tra tutte le minoranze!
Ma ve li ricordate i cinquecentomila di Calderoli?
Perché allora quella decisione assurda e grave del Presidente Brescia di dichiarare inammissibili emendamenti di merito privando il principale gruppo di opposizione anche solo del diritto di esporre e votare (magari per essere bocciate), le proprie proposte di modifica?
Persino la proposta di equiparare le due Camere sul voto ai diciottenni?
Se fosse presente, mi rivolgerei al Presidente della Camera a cui avevamo indirizzato una lettera che poteva indurre a una pausa di meditazione.
Col rispetto dovuto gli rammenterei che il concetto di democrazia diretta, non significa “decido direttamente io” o “decidiamo direttamente solo noi”.
Quel concetto per me esprime un significato diverso e più alto.
Significato che, nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione, noi continueremo a difendere e promuovere.
Signora Presidente,
per suo tramite mi rivolgo alla maggioranza e al ministro qui presente.
Scegliete se stravolgere l’equilibrio costituzionale con una riforma incoerente e dannosa.
Oppure se coltivare la via, per quanto stretta, di un passo diverso.
Noi siamo ancora, per formazione e cultura, disposti a incamminarci su quel sentiero.
Non ci appartiene il sentimento del tanto peggio, tanto meglio.
Diteci se siete in grado di uscire dal guscio delle vostre certezze e dal rito dei vostri tweet.
La democrazia è dialogo, capacità di vedere la quota di verità nell’altro.
È presidio di chi ha più bisogno di diritti umani e dignità, è rifiuto di omologazioni e di ogni autoritarismo.
Noi lo abbiamo appreso da chi è venuto prima di noi.
Da chi per la democrazia ha sacrificato tutto.
Se, mi è concesso dirlo, curate di non dimenticarvene.
Mai. Vi ringrazio.