Gli storici nei prossimi decenni individueranno nel 2 agosto 1980 lo spartiacque tra un prima e un dopo, dove nulla sarà più come prima. L’Italia liberata che approva la Costituzione e lotta per attuarla, riconosce diritti ai lavoratori e dignità alle donne, potenzia il ruolo delle comunità locali, istituisce le regioni, osa dotarsi di un sistema sanitario pubblico gratuito per tutti, rende possibile il divorzio e l’aborto, chiude i manicomi, abolisce il numero chiuso nelle Università, apre nuove scuole, boccia il nucleare, avvia la smilitarizzazione della polizia e si da una legislazione di tutela ambientale avanzata. I fascisti annidati nei gangli vitali dello Stato e negli snodi cruciali del sistema economico, anzichè essere perseguiti diventano i naturali riferimenti di poteri occulti nazionali e stranieri in cui si intrecciano mafia, banche, servizi deviati, terroristi, lotta politica e logge massoniche. Dal 12 dicembre 1969 a Piazza Fontana al 2 agosto 1980 a Bologna la strategia della tensione uccide 135 persone e ne ferisce 783, ma la vera storia di quel decennio deve essere ancora scritta facendo piena luce sull’assassinio di Aldo Moro, sul rapimento del figlio di Francesco Di Martino e sulla catena di omicidi-suicidi legati al fallimento della Banca di Michele Sindona. Ciò che è chiaro è che il 1980 aperto dall’assassinio di Piersanti Mattarella e chiuso dalla marcia dei 40 mila quadri Fiat a Torino capovolse lo scenario e avviò un lento ma inesorabile arretramento sociale, culturale e democratico sulla scia tracciata dai neconservatori americani con Regan e la Tatcher, tradotta in Italia dal Programma della P 2 di Licio Gelli. In questo contesto i mandanti della strage di Bologna scrissero col sangue di tante vittime innocenti la pagina più nera del terrorismo eversivo italiano e fermarono con brutalità il cammino di libertà e progresso del nostro Paese. Quello che non potranno mai fermare però è la nostra volontà di custodire la memoria e ricordare i caduti del 2 agosto perchè non se ne smarrisca il sacrificio. Tra di loro un giovane emigrante lucano, Carmine orfano di madre, che a 18 anni insieme a 4 fratelli partì da Bella per cercare fortuna in Svizzera. Dopo il servizio militare a Pavia continuò a lavorare in varie parti del Nord d’Italia e in Romagna. Quel giorno era in stazione e saltò in aria insieme ad altri 84 uomini, donne e bambini. Perchè ? Una domanda che continueremo a porci lottando per la verità insieme ai familiari delle vittime e a tutte le forze antifasciste, libere e democratiche che non si rassegnano a vivere in un’Italia a sovranità limitata.
Melfi, 2 agosto 2020
Coordinatore ANPI BASILICATA Michele Petraroia