La vita trascorsa tra la lotta politica e la fine analisi intellettuale. Su Pietro Ingrao molte cose si sono dette e scritte negli anni, per molti ha rappresentato una guida politica e morale, per altri è stato l’eretico del Partito Comunista, su di una cosa oggi siamo tutti d’accordo: Ingrao è una di quelle personalità di cui qualunque cosa si dica, anche la più profonda, risulta con evidenza troppo piccola.
Nipote del garibaldino Francesco Ingrao, Pietro è nato a Lenola (Latina) il 30 marzo 1915, da una famiglia contadina di origine siciliana. Frequenta il ginnasio a Santa Maria Capua Vetere e il liceo a Formia dove affina le sue passioni per la poesia. Negli anni della formazione partecipa ai Littoriali della cultura e dell’arte (classificandosi terzo) e ai corsi del neonato Centro sperimentale di cinematografia; venendo in contatto con personalità del calibro di Montale e Visconti, ma soprattutto segnando il punto di non ritorto con il fascismo e la sua partecipazione attiva nell’antifascismo. Nel 1939 si laurea in Giurisprudenza e in Lettere e Filosofia presso l’Università di Roma, dove ha modo di frequentare assiduamente i gruppi studenteschi antifascisti. Nel 1940 entra in contatto con il PCI, dove inizia la militanza e l’impegno a tempo pieno, ma nel 1942 ricercato dall’OVRA (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo) fu costretto a passare nella clandestinità, dapprima in Calabria (marzo 1943), poi a Milano (giugno 1943). Il 25 luglio 1943, alla caduta del governo di Mussolini, è Pietro Ingrao che, in una improvvisata manifestazione ai bastioni di Porta Venezia, tiene in piazza Oberdan il primo comizio antifascista. Dopo l’armistizio fa parte della Resistenza e nel ’44 Ingrao entra nel comitato clandestino della Federazione Comunista Romana. A seguito della Liberazione inizia ad ottenere da parte del PCI incarichi sempre più impegnativi. Capocronista dell’Unità a Roma, nel 1947 Togliatti gli affida la direzione del giornale (mantenuta fino al 1956).
Nel 1948 al VI Congresso venne eletto nel Comitato Centrale. All’VIII Congresso del 1956, fu eletto nella Direzione del partito (ne ha fatto parte ininterrottamente fino al XVIII Congresso del 1988) e nominato componente della Segreteria per dieci anni consecutivi fino al 1966. In questo decennio vive dapprima drammaticamente la repressione della rivolta ungherese del 1956, schierandosi comunque a fianco dell’URSS (cosa di cui anni dopo si pentirà pubblicamente) e in seguito, nell’XI Congresso del PCI del 1966, rompe la liturgia comunista rivendicando il “diritto al dissenso”, diventando così punto di riferimento per l’ala sinistra del PCI, e per chi vuole rifondare l’identità comunista rompendo con lo stalinismo. L’espulsione dal partito dei fondatori della rivista “Il Manifesto”, cui Pietro era molto legato, rappresenta un momento di crisi profonda, ma non interrompe l’intenso dialogo con questi compagni e soprattutto con i movimenti sociali, esplosi in Italia nel “biennio rosso” ‘68-’69 (in particolar modo con le lotte operaie e con l’esperienza innovatrice del “sindacato dei consigli”).
Eletto per la prima volta alla Camera dei deputati nel 1948, è stato confermato per dieci legislature consecutive fino a quando nel 1992 chiede di non essere ricandidato. Nel 1968 Ingrao è eletto presidente del gruppo parlamentare comunista della Camera dei Deputati: si apre così una nuova stagione di impegno e di riflessione sui temi istituzionali, che lo portano, nel 1975, alla carica di presidente del Centro di Studi e Iniziative per la Riforma dello Stato (CRS). Il 5 luglio 1976, succedendo a Pertini, è eletto presidente della Camera dei Deputati, e in questa veste, nel 1978, vive in prima linea i giorni drammatici del sequestro e dell’assassinio del Presidente DC Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Resterà in carica fino al ’79, anno in cui chiederà di essere sollevato dall’incarico. Gli succederà Nilde Iotti. Nel 1989, Ingrao si oppone alla svolta di Achille Occhetto che trasformerà il PCI in PDS, ma è comunque contrario ad ogni ipotesi di scissione. Per questo nel 1991 aderisce al PDS, come leader dell’area dei Comunisti Democratici.
Pietro Ingrao ha rappresentato la perfetta sintesi tra la materialità e la durezza della lotta e la lucida analisi filosofica e politica, tra la rarità della coerenza e la difficoltà dell’autocritica, tra la concretezza dell’errore e l’aspetto poetico e ideale della vita, tra la “barricata” e la “luna”.
Come “Laboratorio Politico per la Sinistra del Molise”, ci è sembrato giusto e doveroso ricordare per i suoi 99 anni, la splendida esistenza di un uomo, politico e pensatore di sinistra come Pietro Ingrao. Nel salutarlo con immenso affetto e gratitudine vogliamo ricordarlo con un aneddoto riportato dal suo amico Lucio Magri nel “Il sarto di Ulm” in occasione del dibattito che portò il PCI nella fase finale della Bolognina. In particolare Ingrao risponde con un apologo di Bertolt Brecht ad un compagno che mette in dubbio la funzione del Partito Comunista nella società dell’epoca.
Quell’artigiano, fissato nell’idea di apprestare un apparecchio che permettesse all’uomo di volare, un giorno, convinto di esserci riuscito, si presentò al vescovo e gli disse:<Eccolo, posso volare>. Il vescovo lo condusse alla finestra dell’alto palazzo e lo sfidò a dimostrarlo. Il sarto si lanciò e ovviamente si spiaccicò sul selciato. Tuttavia, commenta Brecht, alcuni secoli dopo gli uomini riuscirono effettivamente a volare.
Montenero di Bisaccia, 30 marzo 2014.
Nicola Palombo
Assemblea Nazionale Partito Democratico
Laboratorio Politico per la Sinistra del Molise