Il provvedimento varato dalla Camera dei Deputati in tema di sicurezza si inserisce nel novero culturale delle formazioni politiche di destra che sostengono con chiarezza il diritto naturale delle persone a difendersi da sé con ogni mezzo e anche col ricorso alle armi se necessario. Nulla da eccepire sul fatto che ci siano partiti conservatori che teorizzano uno Stato leggero che si occupi di meno cose possibili e che deleghi direttamente ai cittadini un insieme di funzioni, da svolgere anche attraverso imprese private seguendo le regole del mercato, e quindi della domanda e dell’offerta. La cultura politica di destra è riuscita a preservare negli Stati Uniti il diritto dei cittadini ad acquistare ogni tipo di armi nei supermercati e ha promosso l’istituzione di carceri private, ronde private e aziende di vigilanza privata che operano nella più grande democrazia del mondo approcciando la questione sicurezza con le regole del mercato. A questa impostazione valoriale si contrappone una visione cristiana, socialista e garantista, che rifiuta la violenza come strumento di risoluzione dei contenziosi e affida la “ pubblica “ sicurezza allo Stato. Chi si colloca in questo solco culturale diffida dall’uso indiscriminato delle armi come strumento di difesa personale, ne sostiene la limitazione delle vendite e assegna alle Forze dell’Ordine il controllo del territorio, e l’attività di vigilanza, prevenzione e repressione dei reati. Il cedimento che si è registrato alla Camera dei Deputati conferma la regressione dei principali partiti italiani sul terreno delle pulsioni violente che serpeggiano con un crescente allarmante tra i cittadini, ed anziché rimuovere le cause a monte che determinano il venir meno della sicurezza scivolano sul terreno paludoso della giustizia fai da te, come se sparare ad un uomo fosse equiparabile ad un qualsiasi altro reato. Eppure basterebbe poco per garantire sicurezza nelle periferie, sul territorio e alle persone, senza arrendersi all’idea malsana che ciascuno debba essere obbligato ad attrezzarsi autonomamente. Per sintesi mi soffermo su due misure, tra le molteplici che potrebbero essere perseguite per potenziare le Forze di Polizia, agevolare l’attività della Magistratura e intervenire negli Istituti Penitenziari per restituirli alla funzione di rieducazione e reinserimento sociale dei detenuti. La prima si riferisce all’Arma dei Carabinieri che conta una rete sterminata di Stazioni presenti nel 40% dei comuni italiani, ma che da qualche lustro sono state declassate a svolgere solo orari d’ufficio, demandando il pronto intervento solo alle Compagnie Territoriali che ne sono poche e nelle ore notturne possono assicurare se tutto va bene una sola auto di pattuglia. Sarebbe sufficiente mettere in condizioni le Stazioni Carabinieri di operare sul territorio di competenza con un servizio continuo per dare maggiori garanzie di sicurezza ai cittadini interessati. L’altra misura che mi limito ad evidenziare in modo sommario si riferisce alla certezza delle misure cautelari per coloro che vengono arrestati in flagranza di reato evitando che gli stessi utilizzino il carcere come una porta girevole, tornando a delinquere sapendo di godere di una sostanziale impunità. Il Parlamento scelga di adottare provvedimenti che restituiscano le Forze dell’Ordine alla priorità dell’azione di vigilanza e controllo del territorio in modo costante e capillare, e che trattengano negli Istituti di pena i recidivi e coloro che commettono e perpetuano reati contro le persone e contro il patrimonio. E si ponga attenzione al fatto che chi si appresta ad un furto o ad una rapina andrà pronto e meglio armato, nel mentre il derubato non sa come muoversi e sarà preso sempre alla sprovvista.
Campobasso, 5 maggio 2017
Michele Petraroia