Alla cortese attenzione
Giornalista de Il Corriere della Sera
Dott. Luca Mastrantonio
Dott. Mastrantonio,
Le esprimo da cittadino del Molise un sentito apprezzamento per aver puntualizzato con garbo ed arguzia che questa nostra terra, aspra e amara, merita di essere rispettata. Siamo consapevoli che in una fase storica dominata dai macro-numeri della globalizzazione possa risultare anacronistico ai più, l’esistenza di una piccola regione costituita formalmente con legge nazionale solo nel 1963.
Ciò non consente però a nessuno di umiliare un’intera comunità che è riuscita ad esistere con una propria identità culturale, molto simile a quella del vicino Abruzzo, per secoli senza avvertire il bisogno di riconoscimenti burocratici dei propri confini geografici.
L’autore dell’inno della Repubblica Napoletana del 1799 era di Guardialfiera, il paese di Francesco Iovine dove il Papa Gaudenzio aprì una prima Porta Santa appena dopo l’anno Mille con un anticipo di 250 anni su Bonifacio VIII che sostituì con metodi spicci il Papa del Gran Rifiuto, Celestino V nato a Morrone del Sannio in provincia di Campobasso.
L’esistenza del Molise la si deve a Vincenzo Cuoco che agli inizi del 1800 già si distingueva a Milano per doti professionali e culturali non comuni, o al Ministro del Regno di Napoli, Nicola Santangelo che nel 1830 istituì il Corpo dei Vigili del Fuoco, oppure al poeta – sindacalista Arturo Giovannitti condannato a morte negli Stati Uniti nel 1912 per aver promosso uno sciopero ed autore di poesie scritte in carcere in attesa dell’esecuzione e di un’autodifesa pronunciata nel Tribunale di Salem nel Massachusetts, studiate oggi nelle principali Università del Nord – America. Un episodio avvenuto 15 anni prima del più noto evento che coinvolse Sacco e Vanzetti ma che si concluse con l’assoluzione di Arturo Giovannitti che parlava correntemente quattro lingue dopo aver frequentato il Liceo a Campobasso e completato gli studi a Montreal.
Potrei continuare con Domenico De Gennaro, Sindaco di Casacalenda nel 1799 che offrì la sua vita ai Borboni per liberare dall’assedio il paese o Libero Serafini, Sindaco di Agnone, nello stesso periodo, che catturato dalle truppe del Cardinale Ruffo alle porte di Avellino preferì essere impiccato gridando W la Repubblica e non salvarsi la vita pronunciando W la Monarchia. Potrei continuare con la nascita del Corpo Italiano di Liberazione il 13 ottobre 1943 a Venafro ad opera del Generale Umberto Utili che seppe riorganizzare alcuni reparti dell’esercito dopo l’8 settembre e sfondò la Linea Gustav a Monte Marrone sulle Mainarde del Molise il 30 marzo 1944 dopo 5 mesi di strenui combattimenti, con largo anticipo sulla presa di Montecassino il 18 maggio 1944 da parte dell’Armata Polacca. Evito di essere prolisso per non tediare ma da Erennio che da Bovianum gestì la vittoria dei Sanniti alle Forche Caudine a Elio Germano di Duronia che ha vinto la Palma D’Oro a Cannes o a Nancy Pelosi già speaker del Congresso degli Stati Uniti c’è solo l’imbarazzo della scelta nel dimostrare l’esistenza del nostro Molise.
Preferisco chiudere questa nota dedicando il Molise agli 87 minatori della nostra regione morti il 6 dicembre del 1907 a Monongah in West Virginia nella più grande strage sul lavoro degli Stati Uniti d’America. Il più piccolo molisano che rimase sepolto sotto quelle macerie aveva solo 12 anni, ed esisteva come esiste questa terra amara ma laboriosa, sobria e poco incline a dare spettacolo.
Distinti saluti.
Campobasso, 29 aprile 2016
Michele Petraroia
Il Molise? Ho le prove della sua (non) esistenza
25 APRILE 2016 | di Luca Mastrantonio
Colletorto, in Molise, è il paese che amo, lì ho le mie radici, è nato mio padre e i miei genitori si sono conosciuti. Ci torno ogni estate, dopo una pausa dovuta ai crolli del terremoto del 2002, felice di perdermi nelle sue dolci tortuosità. Con gli amici Gaetano & co, ridiamo del barzellettificio «Il Molise non esiste», un’espressione molto diffusa sul web, cui sono dedicati vari gruppi Facebook (tra cui l’anglofono «Molisn’t»), forieri di frizzi, lazzi e battute. Alcune infelici, come quella cinguettata da Nina Moric su Twitter ieri, per cui tutti quelli che la insultano sarebbero molisani; altre brillanti, liberatorie: come quella dell’artista milanese Biancoshock che per il festival di street art (e street food con chef Rubio) a Civitacampomarano (Campobasso), conclusosi il 24 aprile, ha scritto su un muro «Il Molise non esiste», cancellando «non esiste» e trasformandolo in «resiste».
So dunque che il Molise esiste e ho le prove, non solo autobiografiche, ma so che possono essere ribaltate da chi, per bullismo o umorismo metafisico, ne minimizza o nega l’esistenza. Checco Zalone in Sole a catinelle ripiega sul viaggio low cost in Molise, che al regista Gennaro Nunziante piace perché ricorda l’Italia dei film di Pietro Germi. Il fumettista Leo Ortolani porta il suo eroe Ratman in un luogo dove per chilometri e chilometri c’è il nulla: «Sai dove ti trovi?» Sì, risponde, «in Molise».
Anche in quest’epoca di mappe digitali, in pochi sanno dove collocare il Molise, un’espressione geografica diventata Regione solo nel 1963, quando è stata staccata dall’Abruzzo. L’epoca d’oro, nella Storia, è antica, a metà del primo millennio avanti Cristo, quando c’erano i Sanniti, che fecero passare i romani sotto le forche caudine: popoli di cui si conservano suggestivi siti archeologici a Sepino e Pietrabbondante.
Termoli è il polo turistico più moderno (e industriale, lo stabilimento Fca ha pure assunto); da qui ci si imbarca per le Tremiti, gioielli insulari dell’Adriatico fondate dall’acheo Diomede, filmate ne I cannoni di Navarone (1961) e amate da Lucio Dalla, che nella casa-studio compose Com’è profondo il mare (1977). Bello, no? Peccato che le Tremiti siano pugliesi. Come i Comuni che beneficiano della diga di Occhito, uno dei più grandi bacini artificiali d’Italia cui invano presta i suoi fianchi montuosi il Molise.
Eroi molisanpopolari degli anni 80/90 sono Aldo Biscardi, telegiudice del Processo con i suoi «sgub!» («scoop»), e Antonio Di Pietro, noto per l’espressione post-manzoniana «che c’azzecca?»: personaggi così caricaturali da sembrare parodie di un originale smarrito, degni compari del commissario molisano Don Ciccio Ingravallo, protagonista del Pasticciaccio brutto de via Merulana (1927) di Gadda.
I veri grandi molisani sono stati lo storico e politico Vincenzo Cuoco, lo scrittore Francesco Jovine, il cantante Fred Bongusto (Una rotonda sul mare) e il fumettista termolese Benito Franco Giuseppe Jacovitti. Di origini molisane è Robert De Niro, i cui nonni nacquero a Ferrazzano. Di Duronia è la famiglia di Elio Germano, che ad essa è restata legato.
E la politica? I molisani patiscono un lunatico («celotico», in dialetto) senso si abbandono da quando non sono più alla ribalta Di Pietro e Ciampi, la cui moglie ha radici a Santa Croce di Magliano. Le dimissioni di Napolitano? Titolò Isernianews: «Addio al presidente che non ha mai visitato il Molise». La visita di Mattarella? Ecoaltomolise.net titola «E io pago!». E poi, Berlusconi: ha usato questo bacino elettorale (poco più di 300mila abitanti) nel 2013 per entrare in Senato, ai danni di Ulisse Di Giacomo, rientrato in Parlamento, poi, come «alfaniano». Per molti, dunque, il problema del Molise è più politico che ontologico. Esiste, ma si deve (re)inventare.