POSITIVI PASSI AVANTI PER LE POLITICHE SOCIALI. DA IMPLEMENTARE LE MISURE PER IL SUD E PER LE AREE INTERNE.
Il Governo ha inserito nella proposta di legge di stabilità per il 2016 600 milioni di euro per il contrasto alla povertà elevati ad 1 miliardo per il 2017, confermando 400 milioni per il Fondo Nazionale per le Non Autosufficienze e inserendo meritoriamente per la prima volta una posta di 90 milioni per i centri socio – assistenziali del “DOPO DI NOI”.
Sul piano normativo c’è da registrare che le politiche per la famiglia, per i giovani e per il servizio civile passando alla Direzione Generale Politiche Sociali del Ministero del Lavoro perseguono un obiettivo di armonizzazione degli interventi a lungo sollecitati dalle regioni e dagli enti locali.
In una fase non semplice per il contenimento della spesa pubblica va espresso un apprezzamento per la parte della manovra finanziaria relativa alle Politiche Sociali fermo restando i margini di ulteriore miglioramento che possono determinarsi nella discussione parlamentare anche in un’ottica di integrazione tra politiche di contrasto alla povertà e inclusione al lavoro dei soggetti svantaggiati e dei disoccupati di lunga durata, come da schema approntato dalla Commissione Lavoro della Conferenza delle Regioni.
In termini più complessivi si registra l’esigenza di implementare le risposte in favore delle Aree Interne e a sostegno del Mezzogiorno al fine di assicurare nelle zone con maggiori difficoltà:
1) la possibilità di accedere ai livelli essenziali di assistenza dei principali servizi pubblici;
2) il sostegno allo sviluppo locale, alla crescita e all’occupazione per accorciare il divario tra il Sud ed il Centro – Nord.
Campobasso, 19 ottobre 2015
Michele Petraroia
IPOTESI DI INTERVENTO REGIONALE SUL CONTRASTO ALLA POVERTÀ
L’aumento della povertà, anche di quella estrema, negli ultimi anni, richiama tutte le Istituzioni, Regioni comprese, al massimo impegno nel contrasto all’indigenza e alle fragilità sociali che essa comporta. Per questo motivo la Conferenza delle Regioni fa parte dei promotori dell’Alleanza contro la povertà e ritiene necessario che il Governo intervenga al più presto con un piano organico di interventi.
Con questa proposta le Regioni, richiamando l’adesione all’Alleanza contro la povertà, ribadiscono il propria impegno a costruire proposte e percorsi condivisi.
Il quadro in cui ci si colloca è quello che si è iniziato a delineare già dal 2013 nel corso del negoziato per la programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali. Le Regioni espressero una posizione comune sulle priorità strategiche da realizzare nell’ambito dell’obiettivo dedicato all’Inclusione sociale e lotta alla povertà. Sul tema dell’inclusione, fu condivisa una posizione unitaria fra le due Commissioni, quella del FSE e delle politiche attive del lavoro e quella competente per le politiche sociali, per individuare gli ambiti di intervento che ogni regione avrebbe selezionato. Tra le quattro linee strategiche individuate dalle Regioni, due assumono particolare rilievo nell’ambito di questa proposta:
– le azioni per ridurre la povertà e la marginalità estrema a carico di persone e famiglie con grave disagio sociale, favorendo l’inclusione al lavoro e ponendo in essere anche azioni che contrastino il disagio personale, familiare e abitativo nonché
– il rafforzamento dell’offerta e il miglioramento della qualità dei servizi sociali e socio sanitari, anche nelle aree extraurbane (agendo sulla professionalità degli addetti, sugli strumenti, le attrezzature e la comunicazione), particolarmente per la prima infanzia e per i minori, incrementando i servizi ed i programmi di supporto alla genitorialità, incrementando e consolidando i servizi di cura a favore di persone non autosufficienti.
Le altre due linee, meno focalizzate sul contrasto alla povertà, appaiono comunque importanti nel quadro complessivo di quanto le Regioni intendono realizzare per l’inclusione sociale, e riguardano:
– l’incremento della occupabilità, favorendo anche la partecipazione al mercato del lavoro delle donne, dei giovani e delle persone vulnerabili, con specifiche misure attive di accompagnamento e rafforzando le imprese sociali e l’economia sociale;
– il rafforzamento dell’economia sociale, incrementando attività economiche e produttive che abbiano ricadute sociali (impresa sociale, cooperazione, etc.), consolidando la collaborazione tra imprese, organizzazioni del terzo settore e amministrazioni pubbliche e promuovendo la responsabilità sociale delle imprese secondo principi di inclusione sociale.
Nel contesto europeo appare importante ricordare che l’Italia rimane l’unico paese, insieme alla Grecia (che tuttavia sta per avviare interventi in materia), a non essersi dotata di uno strumento nazionale e generale di lotta alla povertà e all’esclusione sociale.
Di seguito le linee principali della proposta, che intende comunque richiamare in larga misura quanto elaborato dall’Alleanza contro la povertà.
In linea con quanto proposto dal Ministero del lavoro, le Regioni intendono contribuire per rafforzare la lotta contro la povertà attraverso interventi finalizzati a migliorare la governance, a coordinare l’azione degli attori delle politiche sociali e occupazionali al fine di aumentare l’efficacia dell’offerta di inserimento sociale e lavorativo delle persone in condizioni di estrema povertà. L’accompagnamento verso un inserimento al lavoro sostenibile, sarà supportata dalle Regioni attraverso percorsi integrati multiprofessionali come previsto a livello nazionale. Questi interventi, che coinvolgerebbero una pluralità di misure di sostegno (compresa quelle al reddito) finalizzati a inserimenti integrati socio- lavorativi mirano all’uscita dalla povertà estrema e all’occupazione per i più vulnerabili.
I beneficiari della misura sono i poveri individuati sulla base del reddito disponibile familiare inferiore alla relativa soglia di povertà e del valore ISEE. Tuttavia la misura proposta non è un reddito di cittadinanza, universale ed incondizionato, ma uno strumento basato sulla condizionalità economica -verificata sulla base di adeguati requisiti reddituali e patrimoniali- e sul rispetto di un patto familiare che i beneficiari dovranno stipulare per la fruizione del trasferimento monetario.
Come indicato nel Piano nazionale per la lotta alla povertà, la regia deve essere affidata al servizio sociale nella logica integrata dei servizi, che, sulla base della profilazione socio-economica del nucleo richiedente, dovrà stabilire la combinazione adeguata di servizi (welfare-mix) per ciascun nucleo beneficiario e da cui discenderà una sorta di “patto di servizio familiare”. Tale patto può contenere obiettivi di inclusione sociale, di occupabilità e di inserimento lavorativo.
Per gli interventi di politica attiva saranno coinvolti i servizi pubblici competenti in materia di lavoro che offriranno ai componenti della famiglia in condizioni di poter lavorare un piano formativo, di orientamento o di inserimento lavorativo.
Nel quadro delineato dal Piano Nazionale per la Lotta alla Povertà avanzato dal Ministro Poletti, la proposta delle Regioni è di assumere una funzione di raccordo fra il livello centrale e quello locale, assicurando il funzionamento del patto di servizio familiare che deve essere obbligatoriamente stipulato fra il nucleo familiare richiedente che riceve il beneficio e l’ente pubblico che lo eroga. L’erogazione monetaria in questo schema deve quindi accompagnarsi necessariamente ad un percorso di inclusione sociale e/o lavorativa.
Secondo la proposta avanzata, le Regioni non devono farsi carico di norma di politiche passive (salvo singole specificità e nel rispetto della normativa europea in caso di utilizzo di fondi strutturali), ma di politiche attive finalizzate ad un programma di inclusione sociale attiva.
Nel quadro della programmazione dei fondi strutturali 2014-2020 tale proposta si colloca in coerenza con quanto previsto non solo nelle linee strategiche di intervento dei PO regionali, ma anche nel PON inclusione, la cui dotazione finanziaria è quasi completamente a favore delle azioni di “rafforzamento dei servizi di accompagnamento e delle misure di attivazione rivolte ai beneficiari” (del sostegno economico) che rappresentano una delle condizioni essenziali per l’efficacia dell’intervento contro la povertà.
Sul ruolo delle regioni si richiama anche quanto già esplicitato dall’Alleanza contro la povertà per cui “le Regioni hanno un ruolo di raccordo tra lo Stato e i territori e rendono possibile l’infrastruttura nazionale per il welfare locale”. Svolgono numerosi compiti, ad esempio, programmano in modo integrato con le misure di politica passiva tutte le altre politiche che concorrono a ridurre l’esclusione (abitative, trasporti, istruzione, politiche attive del lavoro); stabiliscono le eventuali ulteriori misure contro la povertà che si affiancano al programma nazionale; realizzano il supporto tecnico degli Enti capofila e dei Comuni.
Le Regioni chiedono quindi che il Governo centrale stanzi le risorse necessarie e ponga in essere tutte le condizioni affinché l’intervento di contrasto alla povertà possa realizzarsi e assumono l’impegno di contribuirvi con gli strumenti e le competenze di cui dispongono.
Percorso di lavoro: Al fine di presentare al Governo la proposta di intervento regionale contro la povertà il percorso di lavoro dovrebbe prevedere un preliminare confronto all’interno della IX Commissione, un successivo passaggio con la Commissione Affari sociali per definire una proposta condivisa ed infine l’esame da parte della Conferenza dei Presidenti